LAURA BIAGIOTTI E IL CASTELLO MARCO SIMONE

Lui all’inizio un po’ arcigno, arroccato, di carattere chiuso e austero, fiero del suo passato patrizio e contadino, segnato dall’età e temprato dalle vicissitudini, ricco di molte esperienze e del fascino un po’ malinconico di chi ha vissuto tempi migliori. Lei, una donna di talento e di successo, forte e dolce nello stesso tempo, ricca di immaginazione creativa e di entusiasmo, ma anche di determinazione, di capacità realizzatrice e a quel punto della vita in cui si desidera porre le basi per qualcosa di solido e duraturo, addirittura definitivo.

Con tali premesse, fra Laura Biagiotti e il castello di Marco Simone non poteva esserci altro se non quello che si può raccontare come una bella storia d’amore, con relativo primo incontro e classico “coup de foudre”.

“Il restauro del castello di Marco Simone” diceva Laura Biagiotti “è stato come una sorta di follia che mi ha preso e che ho dolcemente seguito; una scelta decisiva nella mia vita al bivio dei 35 anni: vivere e lavorare in campagna, affetti e impegni professionali, passione antiquaria e ricerca di costume, teatro del quotidiano e della moda, tutti in un unico contenitore” “Era una casa che mi aspettava” diceva Laura “forse è stato il destino che mi ha fatto fare il passo. La casa la notavo sempre ogni volta che mi recavo nelle vicinanze per lavoro. Cosa che capitava molto spesso e sentivo che quel luogo abbandonato non mi era indifferente. Io credo che il “genius loci” di questo antico castello mi abbia in fondo coinvolta perché non sopportava la vista del suo antico maniero caduto in rovina.” Infatti il lavoro che ha impegnato Laura e suo marito Gianni Cigna è stato davvero notevole in quanto il castello Marco Simone è un monumento nazionale e il restauro è stato realizzato in collaborazione con le Belle arti.

MARCO SIMONE E LAURA BIAGIOTTIUNA STORIA D’AMORE

“Marco Simone” è uno dei siti della campagna romana il cui passato si legge sul posto come in un libro.
Nei sotterranei del castello, resti fossili fanno correre la fantasia del visitatore dietro gli animali preistorici che vi transitavano trecentomila anni fa. Colonne, iscrizioni e altri ritrovamenti attestano la presenza di una delle ricche ville che nei primi secoli dell’Impero facevano dell’Agro Romano un suburbio di Roma antica. Da documenti medioevali risulta che il sito faceva parte del vasto territorio del castello di S.Onesto. Occorre aspettare il ‘300 per vedere apparire su questo colle il tipico fabbricato rurale della campagna romana: una torre con il suo recinto ed alcune casupole. Sulla torre il nome di un suo affittuario “Pietro Sassone”.
Nel 1457, S.Paolo vende tenuta e fabbricati a un nobile romano Simone dei Tebaldi. Sarà lui, seguito da suo figlio Marco di Simone, ad operare la prima vistosa trasformazione. La vecchia torre viene circondata da tre ali di tipica architettura quattrocentesca. Due di loro vengono dotate di un piano nobile che termina con due graziose logge. Le sale delle logge sono decorate a squisiti affreschi, espressione di una elaborata cultura, non si conosce nell’Agro Romano un esempio meglio conservato di palazzo quattrocentesco.

Alla morte di Marco Simone il fondo conosce un periodo di frazionamenti ma, a partire dal 1545 il cardinale Federico Cesi comincia a ricomporlo tutto.  Sotto il suo pronipote Federico Cesi I°, duca di Acquasparta, ha luogo una profonda ristrutturazione che da al complesso l’aspetto di un luogo fortificato e a giustificare il nome posto a grandi lettere marmoree in cima alla torre “Castel Cesi”.  Tale trasformazione comporta la chiusura delle logge, il salone viene ridecorato con affreschi cinquecenteschi recanti scene mitologiche e stemmi gentilizi. La torre diventa colombaia e su ogni architrave campeggia il nome del duca Cesi I°.

I successori di Cesi non abitarono più il castello e quando i Borghese lo comprarono nel 1678 la malaria in recrudescenza, stava mettendo fine all’effimera esperienza delle nobili abitazioni di campagna. “Marco Simone” ridiventa il centro agricolo di una vasta tenuta e l’elegante cappella quattrocentesca dei Tebaldi viene trasformata in fienile. I Brancaccio che acquistano fondo e fabbricato alla fine dell’Ottocento cercano con aggiunte posticce di ridare un certo lustro alla dimora, ma fanno scomparire gli affreschi sotto nuove e banali pitture. Dopo la seconda guerra mondiale il castello viene progressivamente abbandonato e saccheggiato fino al suo acquisto e restauro da parte di Laura Biagiotti